Immagina di camminare per Roma in una fredda mattinata di metà febbraio.
Immagina che sia appena cambiato il secolo e hai dato benvenuto al 17° che porterà cambiamenti in tutte le arti e in tutta Europa.
E’ presto e vaghi per le strade senza una vera ragione.
Ad un tratto vieni assalito da un intenso odore che conosci bene ed è presagio di pessime notizie.
Il finocchio.
Non c’è nulla di peggio di sentire l’odore del seme di finocchio di prima mattina.
Sai cosa significa …bruciano uomini.
SI c’è un rogo.
Con molta ipocrisia, quando si conduce a questa atroce morte un povero disgraziato, si buttano nel fuoco tanti semi di finocchio affinché sovrastino l’imbarazzante odore di carne umana bruciata.
Si bruciavano streghe, omosessuali (da allora infatti li chiamiamo finocchi) ed eretici.
Oggi 17 febbraio 1600 tocca ad un eretico.
Pensi … sarà un cocciutissimo ribelle che ha provato a sovvertire l’ordine prestabilito facendo proseliti tra la gente … ti sbagli.
In fondo parecchi anni fa c’era già stato un balordo calabrese che si chiamava Campanella ma con molte botte e tanti anni di carcere (e delle buone conoscenze) era sopravvissuto al rogo. Perché questo lo bruciano? Perché non abiura? Chiedi ai pochi presenti chi sia quell’uomo: non è di Roma. E’ un domenicano che viene da un piccolo paese in provincia di Napoli, Nola.
Dicono che vivesse in Francia poi un patrizio veneziano lo ha chiamato in Italia con l’inganno e lo ha consegnato all’inquisizione.
Lo vedi bruciare tra le urla e lo spavento e per un attimo vieni assalito dall’angoscia della fine della vita.
Dopo poco lo spettacolo termina e riparti perché sai che sarà una giornata impegnativa.
Ti allontani da Campo de’ Fiori assalito da emozioni negative ma la vita continua.
Il 17 febbraio 1600 viene bruciato a Roma, su ordine del papa, Giordano Bruno l’eretico Maestro di mnemotecnica e alchimia.
Era certo che ogni essere umano fosse portatore di infinito. Non ha mai abiurato.
Eresia, in greco antico significa libera scelta. Conosco preti che ancora oggi faticano a passare da Campo de Fiori.
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Nell’Antico Testamento Il più bel racconto sullo scandalo è di certo quello che troviamo narrato nel Secondo Libro dei Maccabei. È un episodio che rivela la nobiltà del cuore, la ricchezza dello spirito, il desiderio vero di bene per il mondo fragile della gioventù.
Un tale Eleàzaro, uno degli scribi più stimati, uomo già avanti negli anni e molto dignitoso nell’aspetto della persona, veniva costretto ad aprire la bocca e a ingoiare carne suina. Ma egli, preferendo una morte gloriosa a una vita ignominiosa, s’incamminò volontariamente al supplizio, sputando il boccone e comportandosi come conviene a coloro che sono pronti ad allontanarsi da quanto non è lecito gustare per attaccamento alla vita. Quelli che erano incaricati dell’illecito banchetto sacrificale, in nome della familiarità di antica data che avevano con quest’uomo, lo tirarono in disparte e lo pregarono di prendere la carne di cui era lecito cibarsi, preparata da lui stesso, e fingere di mangiare le carni sacrificate imposte dal re, perché, agendo a questo modo, sarebbe sfuggito alla morte e avrebbe trovato umanità in nome dell’antica amicizia che aveva con loro. Ma egli, facendo un nobile ragionamento, degno della sua età e del prestigio della vecchiaia, della raggiunta veneranda canizie e della condotta irreprensibile tenuta fin da fanciullo, ma specialmente delle sante leggi stabilite da Dio, rispose subito dicendo che lo mandassero pure alla morte. «Poiché – egli diceva – non è affatto degno della nostra età fingere, con il pericolo che molti giovani, pensando che a novant’anni Eleàzaro sia passato alle usanze straniere, a loro volta, per colpa della mia finzione, per appena un po’ più di vita, si perdano per causa mia e io procuri così disonore e macchia alla mia vecchiaia. Infatti, anche se ora mi sottraessi al castigo degli uomini, non potrei sfuggire, né da vivo né da morto, alle mani dell’Onnipotente. Perciò, abbandonando ora da forte questa vita, mi mostrerò degno della mia età e lascerò ai giovani un nobile esempio, perché sappiano affrontare la morte prontamente e nobilmente per le sante e venerande leggi». Dette queste parole, si avviò prontamente al supplizio. Quelli che ve lo trascinavano, cambiarono la benevolenza di poco prima in avversione, ritenendo che le parole da lui pronunciate fossero una pazzia. Mentre stava per morire sotto i colpi, disse tra i gemiti: «Il Signore, che possiede una santa scienza, sa bene che, potendo sfuggire alla morte, soffro nel corpo atroci dolori sotto i flagelli, ma nell’anima sopporto volentieri tutto questo per il timore di lui». In tal modo egli morì, lasciando la sua morte come esempio di nobiltà e ricordo di virtù non solo ai giovani, ma anche alla grande maggioranza della nazione (2Mac 6,18-31).
Wow!
Mi viene in mente De André.
(Dietro Ogni Blasfemo C’è Un Giardino Incantato)
Mai più mi chinai e nemmeno su un fiore,
più non arrossii nel rubare l’amore
dal momento che Inverno mi convinse che Dio
non sarebbe arrossito rubandomi il mio.
Mi arrestarono un giorno per le donne ed il vino,
non avevano leggi per punire un blasfemo,
non mi uccise la morte, ma due guardie bigotte,
mi cercarono l’anima a forza di botte.
Perché dissi che Dio imbrogliò il primo uomo,
lo costrinse a viaggiare una vita da scemo,
nel giardino incantato lo costrinse a sognare,
a ignorare che al mondo c’e’ il bene e c’è il male.
Quando vide che l’uomo allungava le dita
a rubargli il mistero di una mela proibita
per paura che ormai non avesse padroni
lo fermò con la morte, inventò le stagioni.
… mi cercarono l’anima a forza di botte…
E se furon due guardie a fermarmi la vita,
è proprio qui sulla terra la mela proibita,
e non Dio, ma qualcuno che per noi l’ha inventato,
ci costringe a sognare in un giardino incantato,
ci costringe a sognare in un giardino incantato
ci costringe a sognare in un giardino incantato.